Commemorazione dell’arrivo in Assisi di Frà Giuseppe Desa
(30 Aprile 1639)
Santuario Santa Maria della Grottella
Venerdì 27 Aprile 2012 - ore 20,00
Articolo della serata (e le foto di alcuni momenti)
Il 27 aprile 2012, nel Santuario di S. Maria della Grottella, in Copertino, alle ore 19:15, si è svolto il momento celebrativo dell'arrivo di frà Giuseppe Desa nel Sacro Convento di Assisi, avvenuto il 30 aprile del 1639.
Ha introdotto il prof. Antonio Leo il quale ha sottolineato che tale momento si colloca nel quadro delle iniziative culturali promosse dall' mirate alla valorizzazione del "Tempo Josephino" scandito dalle tappe più significative della peregrinazione terrena del frate copertinese.
Obiettivo questo che intende aiutare a capire come la straordinarietà si lega alla ferialità dell'eroismo cristiano che fa di Giuseppe Desa il Santo del nostro tempo, il Santo dei giovani e degli studenti in particolare, secondo Giovanni Paolo II, di quelli in difficoltà, nonché il Santo della gioia che non è assenza di dolore, ma ricerca dell'essenziale.
La serata si è svolta in due momenti forti: la relazione di P. Giovanni Iasi, da poco ritornato a Copertino e la presentazione di due opere artistiche josephine; l'uno e l'altro striati da alcuni brani di S. Giuseppe riproposti in maniera personale dal maestro Salvatore Mariano che ne ha composto le musiche.
Nel presentare l'intervento di P. Giovanni, che viene qui di seguito integralmente riportato, il prof. Leo ha affermato che il 30 aprile 1639 segna per frà Giuseppe Desa la realizzazione di un sogno già rinviato nel 1631, per via della peste. La città di Assisi, patria di S. Francesco, infatti era sempre stata nei pensieri di Giuseppe Desa dai tempi in cui fanciullo, fasciato dalla sofferenza, metteva le ali alla sua fantasia nel mentre la madre Franceschina per distrarlo dal dolore, gli raccontava da brava terziaria francescana, scampoli di vita di S. Francesco o aneddoti dello zio Frà Giovanni Donato Caputo, custode del Sacro Convento di Assisi.
Intervento di P. Giovanni Iasi
RICORDANDO IL 30 APRILE 1639...
SAN GIUSEPPE DA COPERTINO GIUNGE AD ASSISI, PROVENIENTE DA NAPOLI E DA ROMA
(Santuario della Grottella, Amici della Grottella: 27 aprile 2012, ore 20.00)
PREMESSE
Saluto tutti con affetto. Ringrazio gli Amici della Grottella per l'invito: ritorno a casa dopo tanti anni, essendo stato socio fondatore e primo presidente dell'Associazione. Sono contento di poter prendere la parola questa sera, qui alla Grottella, su san Giuseppe da Copertino.
Da poco ho lasciato Lucera, dove si venera l'altro santo pugliese, confratello nostro e di san Giuseppe: san Francesco Antonio Fasani. Per me due grandi amici e maestri di umanità e di santità. Li porto insieme, nel cuore e nella mente, da tanti anni. Li penso, li amo, li faccio conoscere, leggo e scrivo di loro. Sono in ottima compagnia. Figuratevi se non sono contento di parlare stasera di san Giuseppe!
Ricordare persone ed eventi è una forma di "presenza", perché la memoria è un'operazione che arricchisce la propria umanità, la propria cultura, la propria fede. La memoria è storia e cultura, è attualità e futuro. Ricordare è rendere contemporanei persone ed eventi passati. Non si vive di sola attualità quotidiana, ma anche di passato. E' più bello attraversare i secoli che accontentarsi pigramente della cronaca quotidiana.
ANDRO' A ROMA, MA PER ORDINE DEL S. UFFICIO
Comincio da una "profezia" di san Giuseppe. Racconta il biografo padre Giacomo Roncalli (p. 73): "Tre anni prima del suo pellegrinaggio per i conventi della sua Provincia religiosa, Giuseppe si era trovato a parlare con altri suoi confratelli ed anche persone secolari, della città di Roma, e ognuno di quelli ne faceva le lodi per la sua grandiosità e bellezza, sia per averla vista di persona, sia per averne sentito decantare le meraviglie. Richiesto a Giuseppe se avesse desiderato vederla pure lui, rispose che egli non desiderava altro che ciò che desideravano i suoi superiori, e che a Roma sarebbe andato a suo tempo, ma per ordine del S. Uffizio. Tale risposta fu accolta con stupore, per cui venendogli chiesto più volte di specificare il tempo, il modo e la causa, di tali parole, disse di non sapere né il come né il quando e tantomeno il motivo, ma che certamente si sarebbe verificato. Sapeva, quindi, sin da quel tempo il dover sperimentare gli ordini del S. Uffizio, sebbene possiamo credere lo sapesse per divina rivelazione, giacché allora nella missione per la Provincia, né altro era accorso o si credeva potesse accorrere da dar motivo agli ordini di questo santo tribunale; non di meno non apprendendo forse che potesse essergli di travaglio, si mantenne riposatamente nella sua pace, fino a questo tempo nel quale approssimandosi gli effetti dell'altissima disposizione, continuandogli la divina pietà."
Sempre il Roncalli racconta (p. 74) che "...un giorno assorto nelle sue altissime contemplazioni, si rese visibile ai suoi occhi corporali Gesù Cristo in forma di ignudo e tenero bambino...molto pesante croce sulle spalle...Da quel giorno sentiva una voce che partiva dal cuore indicandogli la croce...".
PELLEGRINO PER I CONVENTI DELLA PROVINCIA
Il cammino per il suo viaggio a Roma cominciò nel 1634. Il Provinciale, padre Antonio da S. Mauro in Lucania, eletto nel 1634, volle proporre a fra Giuseppe il pellegrinaggio per i 60 conventi della Provincia. Il "pellegrinaggio" durò due anni (1634-1635).
Il viaggio fu, si direbbe oggi, un gran successo. Ma da Giovinazzo partì la denuncia all'Inquisizione di Napoli... (Parisciani, pp. 73-80).
Quasi presàgo di quanto stava per capitargli, ebbe l'idea nel 1637 di piantare le croci della Via Crucis sulla vita Grottella-Copertino (Parisciani, pp. 80-82). Intanto una "voce" Interiore lo invitava: "Lascia stare queste croci morte e prendi la croce viva".
PARTE PER NAPOLI, LO CHIAMA L'INQUISIZIONE
All'inizio dell'estate 1638 giunse un frate a Copertino con "nuove" per fra Giuseppe. Il padre Guardiano, con la scusa del caldo, ritardò fino a settembre per dirlo all'interessato (Parisciani, pp.83-84).
Fra Giuseppe si preparò a partire. Il 21 ottobre 1638 si mise in cammino per Napoli con fra Ludovico e padre Galasso: Era convocato dall'Inquisizione. Il viaggio durò un mese.
A Napoli ebbe accoglienza fredda e ostile dai frati di san Lorenzo M. (Parisciani, 85-87).
Poi tre udienze davanti all'Inquisizione (Parisciani, pp. 87-90): 25 novembre (accompagnato dallo "spagnoletto", sant'Antonio di Padova!); 27 novembre: S. Messa a san Gregorio Armeno alla presenza dei padri inquisitori (estasi e volo sull'altare); 1° dicembre: interrogato sui "fatti di Giovinazzo". Finito il "processo", si sentì più sereno.
Nel convento di san Lorenzo si creò un clima a lui favorevole. Il "volo" a san Gregorio aveva fatto notizia. Tanti fedeli, paesani, nobili ed eccesiastici facevano a gara per vedere fra Giuseppe e magari assistere alla sua Messa. Lo chiese anche il vice Re. Il Guardiano del convento accontentava tutti. Fra Giuseppe, infastidito, tentò la fuga per Roma (p. 92), essendo stato chiamato dal S. Ufficio. Raggiunto ad Aversa, dovette tornare indietro. Vi rimase ancora per un poco, il tempo di scagliare su Napoli un'amara profezia: "Guai a te, Napoli, pagherai per i tuoi peccati!". Otto anni dopo la rivoluzione di Masaniello.
Intanto a Roma il tribunale del S. Ufficio emise la sentenza (18 febbraio 1639), dopo tre assemblee; all'ultima partecipò Urbano VIII (Parisciani, pp. 92-94). Assolto da ogni imputazione. La Congregazione ordinò tuttavia che fra Giuseppe venisse destinato ad un convento ben segregato. Le scelte concrete venivano affidate al Ministro Generale. Colpevole erano il Guardiano di Giovinazzo ed il Ministro Provinciale: "Ammoniti" per avere cooperato a che il frate fosse ritenuto santo dal popolo.
BREVE SOGGIORNO A ROMA
Letteralmente fuggì da Napoli, ormai sicuro che doveva recarsi a Roma dal padre Generale. Fu accolto in Ss. XII Apostoli con un po' di freddezza dal Ministro Generale, padre Berardicelli di Larino, che gli assegnò una stanzetta con l'ordine di non muoversi in attesa di decisioni.
Ebbe la visita graditissima del Protettore dell'Ordine, card. Marcello Lante, molto buon e tenero con fra Giuseppe. Non mancarono altri visitatori.
Dove sarebbe andato? A Monterotondo, si pensò inizialmente, poi prevalse la scelta del Sacro Convento di Assisi. Aveva sperato di poter tornare alla Grottella, invece si allontanava sempre di più verso nord!
ARRIVO IN ASSISI, 30 APRILE 1639
Il lunedì dopo Pasqua, 25 aprile 1639, partì con il solito fra Ludovico. Arrivarono in Assisi Sacro Convento il 30 aprile (pp.97-100), finalmente! Nel 1631 un viaggio in Assisi andò a monte, quando era alla Grottella. Ebbe finalmente una buona accoglienza, anche se giungeva con la fama di santo e di inquisito. Il padre Generale lo affidava alle cure di padre Eutizio, maestro dei novizi, e al padre Gabriele Rusconi da Caravaggio, già custode. Lo aspettava anche un gruppetto di nobili della città.
Dopo i saluti, il Custode, padre Ludovico da Castelbolognese, lo accompagnò sulla tomba del Padre Serafico. Entrò da una porticina in basilica, trovandosi di fronte la Madonna del Cimabue, gli sembrò quella della Grottella. Allargò le braccia sospirando, e spiccò un volo verso l'immagine (Parisciani, pp. 97-98).
Rimase in preghiera sulla tomba del Padre Serafico. Ricordando la sobrietà della chiesa della Grottella, disse a san Francesco: "Padre santo, in vita avete amato tanto la povertà e adesso ve ne state in mezzo all'argento, ai broccati e ai ricchi ornamenti!": Gli rispose una voce nel cuore: "Io me ne sto sottoterre all'oscuro. Questi ornamenti sono per il SS.mo Sacramento che risiede sull'altare".
Cominciò così la seconda fase dell'avventura umana e spirituale di fra Giuseppe: 14 anni nella città del Serafico. Difficili i primi mesi: fu mandato custode di lì a poco padre Antonio da Santo Mauro, l'ex Provinciale del pellegrinaggio nei conventi della Puglia: trattava con durezza fra Giuseppe, mortificandolo continuamente. Alcuni padri scrissero al padre Generale e padre Antonio fu trasferito l'anno dopo. Il successore, il napoletano padre Raffaele Palma, fu con lui molto buono e comprensivo. Gli era stato affidato come direttore spirituale padre Diez: fu un rapporto difficile (Parisciani, pp. 99-100). Anche tra gli altri frati c'era chi gli era molto ostile. Furono le "croci vive" che il Signore gli aveva preannunciato alla Grottella.
CONSIDERAZIONI
Fra Giuseppe rimase sempre umile ed ubbidiente in tutti i passaggi dell'avventura. Provò paura ed angoscia, ma rimase forte ed equilibrato. Le "croci vive" erano molto più pesanti di quelle di legno di via Grottella! Tutte queste vicende lo fecero soffrire molto. In Assisi si ebbero riflessi anche sulla sua salute, nei primi tempi.
Oggi vicende molto meno traumatiche provocano gravi stati depressivi e crisi esistenziali gravissime. Mi chiedo come ha fatto fra Giuseppe a non esaurirsi in tutte queste vicende così complesse. Forza di carattere e maturità umana e di fede possono spiegare la sua pace interiore profonda, nonostante tutte le tempeste che si sono abbattute su di lui.
Si può vivere prigionieri in un convento per tanti anni? Perché i doni di Dio sono stati messi sotto il moggio e fatti vedere solo ai raccomandati?
Quali lezioni vengono a noi da queste vicende?
- La fede è abbandono totale e fiducioso nelle mani di Dio.
- La fede è la forza per affrontare e vincere ogni battaglia. Cristo è il Vivente.
- L'obbedienza a Dio e a tutte le mediazioni umane facilita l'adesione piena alla divina volontà.
(Padre Giovanni Iasi, Santuario della Grottella, 27 aprile 2012)
Dopo l'intermezzo musicale del brano "o bella volontà", si è passati alla presentazione delle "tavolette josephine" realizzate dagli studenti del Liceo Artistico di Poggiardo nell'a.s. 2010/'11 nell'ambito del Progetto "In cammino per conoscere, capire, amare san Giuseppe da Copertino", promosso dall'Associazione Amici della Grottella. Il prof. Leo ha fatto l'excursus del Progetto ed ha rimarcato le fasi evolutive che hanno portato al coinvolgimento di Istituzioni Scolastiche non solo locali. Quindi, ha passato la parola alle professoresse Ubalda Ligori e Carmela Corvaglia che hanno relazionato sugli aspetti culturali e tecnici dell'opera realizzata dagli studenti. La pertinenza didattico-disciplinare e la soggettività delle tecniche procedurali adoperate invitano a riportare integralmente, qui di seguito, il loro intervento.
Intervento delle Prof.sse Ubalda Ligori e Carmela Corvaglia (Liceo Artistico Statale - Poggiardo)
In occasione del quarto centenario della nascita di San Giuseppe da Copertino (1603), la città di Poggiardo nell'a.s. 2009/2010, ha aderito al gemellaggio con Copertino attraverso un Progetto programmato con la partecipazione dell'Istituto Statale d'Arte (in virtù dell'ordinazione sacerdotale di San Giuseppe nella chiesa della TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE il 28 marzo 1628).
Già nell'a.s. 2003/2004 il nostro Istituto ha dato testimonianza della propria attività e devozione al"Santo deiVoli" attraverso la progettazione di alcune opere a cura del Prof. Cosimo Corvaglia, venuto poi a mancare nel corso dello stesso anno, realizzate in seguito dagli allievi e dai docenti della Sezione Dei Metalli e Dell'Oreficeria.
Si tratta di alcuni pannelli di smalto a gran fuoco con tecnica CLOISONNE' su lastra di rame, che riproducono episodi della vita di San Giuseppe e delle sue Virtù.
Su invito dell'Associazione "AMICI della GROTTELLA" di Copertino, nell'anno 2010, in occasione della manifestazione conclusiva del progetto: "IN CAMMINO PER CONOSCERE, CAPIRE, AMARE SAN GIUSEPPE DI COPERTINO", la nostra Scuola ha partecipato all'iniziativa con alcune opere fra le quali un pannello raffigurante San Giuseppe che in estasi si eleva da terra per abbracciare la Croce (offerto al SANTO PADRE dall'AMMINISTRAZIONE COMUNALE di POGGIARDO).
Gli altri 7 pannelli, in rame smaltato, sono stati donati dal nostro ISTITUTO alla comunità di COPERTINO.
- SAN GIUSEPPE DA COPERTINO
- L'ESTASI DI SAN GIUSEPPE
- LOTTA CON MALATASCA
- SAN GIUSEPPE E LA LEPRE
- SAN GIUSEPPE E IL CARDELLINO
- IMMAGINE SCOMPOSTA DEL PANNELLO SAN GIUSEPPE E IL CARDELLINO
- SAN GIUSEPPE E LA CROCE
- LA MORTE DI SAN GIUSEPPE
la lettura delle opere progettate dall'artista Mimino Corvaglia, attraverso uno studio particolareggiato della vita del Santo, si carica di un forte simbolismo che esprime l'angoscia straziante per la sofferenza e la morte cruenta del Cristo sulla Croce. San Giuseppe partecipa a quella sofferenza fino a personificarta pienamente. Le immagini, i gesti, i colori, le sfumature, esprimono una intensità di sentimenti e di emozioni che infonde alle scene una intensa e profonda vitalità.
SAN GIUSEPPE DA COPERTINO:
Qui viene raffigurata in tutto il suo splendore l'immagine del Santo dei voli.
L'ESTASI DI SAN GIUSEPPE:
L'artista in questa formella riesce con maestria ad evidenziare il momento dell'estasi del Santo attraverso il particolare dei piedi che sulle punte sono pronti per compiere l'ascesa verso il cielo.
LA LOTTA CON MALATASCA:
Qui si rappresenta la lotta contro il maligno che da tempo perseguitava Giuseppe quasi ogni sera aggredendolo fisicamente. Ne sono testimoni i confratelli atterriti dal fracasso notturno, dalla lotta e dal frastuono che ogni notte proveniva dalla sua cella.
Qui è il colore che conduce la narrazione. Nella progettazione l'autore rappresenta con il colore rosso fuoco Malatasca (il demonio) che cerca invano di awolgere il Santo oscurandone la santità.
La composizione coloristica comunica con grande intensità la forza del male, del peccato, la perseveranza della tentazione che non contamina la santità, ma ne esce rafforzata nella sua maestosità.
SAN GIUSEPPE E LA LEPRE:
Si ispira agli incantevoli "Fioretti" di tradizione Francescana.
L'autore della composizione ha voluto fare emergere, attraverso la scelta dei colori, il tema dominante relativo all'episodio della caccia alla lepre. Nei personaggi si nota lo sguardo perentorio di San Giuseppe che ammonisce i due cavalieri. L'importanza del suo messaggio fa comprendere ai cacciatori che nessuno può negare agli esseri viventi il rispetto, il diritto alla libertà e alla vita.
SAN GIUSEPPE E- IL CARDELLINO:
Come San Francesco anche frate Giuseppe aveva una predilezione per gli uccellini e tutte le creature che sono amate e protette in quanto esprimono l'amore di DIO per il creato.
La scena raffigura sei monache intente a legare alla zampetta del cardellino un campanellino dorato che doveva servire per rallegrare le loro giornate, ma anche le nostre, per questo sono state create ed è giusto che vengano amate. Sullo sfondo delta formella domina la Croce dove il Santo si recava a pregare. Il tutto in una composizione tecnico-coloristica in perfetto equilibrio.
IMMAGINE SCOMPOSTA DEL PANNElLO SAN GIUSEPPE E IL CARDELLINO:
In questa raffigurazione scomposta l'obiettivo che l'artista si prefigge è quello di dare risalto ai singoli particolari esaltandone il significato simbolico-artistico.
SAN GIUSEPPE E LA CROCE:
Anche qui, da un punto di vista cromatico, viene reso il senso creativo del dolore e della sofferenza.
Si evidenziano sentimenti ed emozioni forti per la sofferenza straziante del Cristo che il frate ha tanto amato. Una sofferenza condivisa dal Santo nel momento in cui si solleva per liberare la mano destra dal chiodo che rappresenta i vizi e i peccati dell'intera umanità condividendone il dolore. Mentre nella mano sinistra la simbologia del grande chiodo, elemento dominante la scena, è una costante che ricorre in molte opere dell'artista e rappresenta il contatto terreno del Cristo-uomo con l'umanità.
Ciò conferma ed esalta il martirio ma anche la grandezza del suo amore per tutti noi.
LA MORTE DI SAN GIUSEPPE:
L'impianto scenografico che rappresenta la morte di San Giuseppe coinvolge momenti d vita terrena vissuta dal Santo al momento del trapasso.
La composizione si suddivide in due momenti ben precisi: la parte terrena è rappresentata dai suoi confratelli e da alcune persone che invocano il Santo; nella parte alta, invece, la sua morte è rappresentata dalla trasformazione dell'asinello di Copertino in un grande cavallo alato (simbolo della santità), mentre la figura del Santo scompare nell'azzurro del cielo.
Questo è l'epilogo della sua vita.
(Liceo Artistico Statale - Poggiardo)
Terminata l'esposizione, si è lasciato spazio al 2° intervento musicale col maestro Salvatore Mariano che, accompagnato dalla sua chitarra, ha cantato il brano Josephino "Chi fa ben per puro amore".
E' stata poi la volta dello scultore ligneo copertinese Arnaldo Stifani a presentare la sua opera donata ai Frati e raffigurante il frate in volo estatico.
Arnaldo Stifani ha riversato sul legno di noce tutta la sua propensione artistica, scolpendo e modellando opere di pregevole fattura. E, poiché è molto legato al suo san Giuseppe da Copertino, ha voluto coniugare, attraverso quest'opera, la sua devozione alla simbologia espressiva della sua terra.
In particolare, lo stesso autore ha puntualizzato che;
" ... Parlare di S. Giuseppe da Copertino non è come parlare degli altri santi, ché un po' tutte le storie si somigliano.
Stando al racconto degli antichi, S. Giuseppe, non era una persona grande di statura ma era piuttosto piccola, e come può una persona volare e innalzarsi, è un mistero, ci vuole la volontà di Dio, che è sempre in mezzo a noi ma che non possiamo vederlo. Ecco allora quello che la scultura dice, in basso c'è la presenza di DIO che dice: Giuseppe, figlio mio, vola in alto.
Come una colomba, sei libero, e allora due suoi parenti, che si sfigurarono angeli lo innalzarono verso il Cielo.
Arnaldo Stifani - M. d'Arte
Detto Popolare antico.
Giuseppe dal convento fu ei cacciatu, mamma Franceschina, lo sgridò all'Avetrana, tiniha Lu Ziu priticatore dove Giuseppe si rifugiò. Quandu Lu zziu in chiesa lo vide entrare, la mano fra i capelli si passò, e disse: "sorte mia cosa altro ha potuto fare?". Finite le funzioni celebrative, quattro passi per le vie di Avetrana lo invitò a fare e mentre camminavano, lo rimproverà, e lui rideva, lu zziu tili Cose Sante lo domandò, e quandu di li cose Sante lo domandò tre palmi della terra si sollevò.
Lu zziu rimase meravigliatu itendulu di la terra sollevatu.
Lu ziu tiniha la bocca a risu e gli occhi a pianto e disse: "Giuseppe figlio mio tu fai la vita di nu Santu e lo abbracciò.
Arnaldo Stifani - M.d'Arte"
La memoria celebrativa si è conclusa con l'esecuzione dell'ultimo brano musicale "Salve Regina", tanto apprezzato dal pubblico presente.
Certamente anche questo appuntamento ha lasciato il segno nel pubblico presente, sia per lo spessore culturale trasmesso, sia per l'organizzazione risultata semplice, ma curata ed accogliente.
L'obiettivo di allargare il solco sulla figura del nostro Santo può ritenersi pertanto, ancora una volta, efficacemente centrato.
Particolarmente toccante, in chiusura, è stato il ringraziamento a nome del fratello, progettista dell'opera artistca presentata, da parte della professoressa Corvaglia.
prof. Antonio Leo